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“JOHN TAYLOR’S TRANSLATION OF LORENZO CALOGERO’S SELECTED POEMS” SAGGIO CRITICO DI BARBARA CARLE

Il saggio critico di Barbara Carle sul lavoro di traduzione John Taylor, scrittore, traduttore e critico letterario americano, premio Raiziss De Palchi 2013 dell’Academy of American Poets.

“John Taylor’s Translations of Lorenzo Calogero’s Selected Poems” was first published by American Poet (Fall-Winter, 2013). Reprinted by permission of the publisher, The Academy of American Poets, 75 Maiden Lane, Suite 901, New York, NY, 10038.

www.poets.org

JOHN TAYLOR TRADUCE LORENZO CALOGERO

John Taylor, scrittore, traduttore e critico letterario americano, autore di traduzioni in francese di poeti moderni quali Philippe Jaccottet, Jacques Dupin, Pierre-Albert Jourdan, traduce cinque poesie di Lorenzo Calogero.

 

 

A Love

Blond fireflies amid the summer hedges,

how splendid your sunray

darting through the darkness! You’ve reminded me

of something that has never vanished

from my childhood: infinite

hope through the fields. I see myself

as a child again, feel the unknown

rhythm of times past:

I dream I am lying on a girl

stuck in my heart:

a musical bas-relief

for vast infinity: I compare her

to the moon, to the stars,

to the splendorous night

and everything attaches me to that love

I lose myself in:

yet of this I actually know nothing

except a confusing clamor.

Translation © John Taylor

 

Un amore

Lucciole bionde per le siepi d’estate,

com’è splendido il vostro raggio

che per le tenebra appare! Voi mi ricordate

qualcosa che non si annulla

della mia fanciullezza: infinita

speranza pei prati. Mi rivedo

fanciullo, sento l’ignota

cadenza di tempi andati:

sono in sogno sopra una fanciulla

che mi s’è fitta in cuore:

un bassorilievo musicale

per estese infinità: la paragono

alla luna, alle stelle,

allo splendore della notte

e tutto mi affiso in quell’amore

e mi vi disperdo:

di qui non so nulla

se non un confuso vocio.

da Parole del tempo (p. 163), Poesie, p. 63.

 

 

Golden Angel

Hide yourself in these brown

bustling leaves: may no one

see us: you are the golden angel.

The water seeks you, rises, rises.

At the freshwater fountain I have filled up

a jug to quench your thirst,

to nourish you.

Translation © John Taylor

 

Angelo dorato

Nasconditi in questo bruno

tramestio di foglie: che nessuno

ci veda: tu sei l’angelo dorato.

L’acqua te cerca che sale, sale.

Alla fresca fonte ho riempito

una brocca per dissetarti,

cibarti.

da Parole del tempo, p. 173, Poesie, p. 66.

 

Winged Cloud, Whimsical Turning

Winged cloud, whimsical turning

of light long lugubrious years;

and this was something good. The pale

lamplight passed

from the shadowy flower

onto the flying fly.

I don’t know which leaden night

the clear voice hears

inside fast full days.

An angle on the row of sparrows

whispered. Another rosy light

swings, in the evening,

dense solitary air over the orange

or a longing I can’t explain.

Colored with thick veils a fragrant cloud

from a humble hand blew mist

gently on a cheek.

Translation © John Taylor

 

D’ali nuvola, capricciosa volta

D’ali nuvola, capricciosa volta

d’anni lunga, lugubre leggera;

ed era un bene. Passò

dal fiore d’ombra

il lume pallido

sul volo di una mosca.

Non so quale notte plumbea

la chiara voce ascolta

nei dí veloci e pieni.

Un angolo sul filare passeri

bisbigliò. Ancora una luce

rosea dondola, nel vespero,

un’aria solitaria densa sull’arancia

o non so che voglia.

Tinta di fitti veli nube odorosa

da una mano dimessa vaporò

gentile su una guancia.

da Ma questo. . ., Poesie, p. 91.

 

In My Hand Evaporated

In my hand evaporated

what she knew.

The morning was sick

and I no longer know how the green bitter sleep

dampened with a dream. From lethargy

a moon pulled ashore

a lifeline.

The sheer gown migrated.

A pale spark had come down.

Oh, look! the shadows return

no longer from afar and the game broke up

in a shout that utterly changed—

because of love—its pain. It was silken

larva: knew nothing

within its measure. Its own thirst

for dawn now returns anxiously

and fleetingly. It was female

in one of its joints, a false

crease in a false evening

or a light tear.

Translation © John Taylor

 

Evaporò nella mano

Evaporò nella mano

quanto ella sapeva.

Era un mattino infermo

e non so piú come il sonno verde amaro

s’inumidì di sogno. Dal letargo

una luna trasse a riva

una linea d’una vita.

La veste diafana trasmigrò.

Una pallida scintilla era discesa.

Oh! Vedi, non piú da lontano

ritornano le ombre e il giuoco si dissolse

in un grido che mutava

a sommo per amore la sua pena. Di seta

era una larva: sapeva nulla

ella nella sua misura. La sua sete

d’alba ora ritorna trepida

e passeggera. Era donna

una sua giuntura, una falsa

piega in una sera falsa

o una lagrima leggera.

da Ma questo. . ., Poesie, p. 97.

 

Since Things Occurred because of You and Me

Since things occurred

because of you and me and beauty

no longer dresses you again in vain time

with breath rekindling your motionless evening,

so that here and not elsewhere

would be an invisible lasting sign

of your song, I gaze at

an icy, supine curve

in the immobile vein of the line

plowing across your hand.

Translation © John Taylor

 

Perché da me e da te si ebbero

Perché da me e da te si ebbero

cose e non è piú bellezza

che ti riveste nel tempo vano

con alito che riaccende ferma la tua sera,

perché qui e non altrove

invisibile sia e duraturo un segno

del tuo canto, gelida e supina

una curva nella vena

immobile rimiro della linea

che solca la tua mano.

da Come in dittici, Poesie, p. 116

 

FROM PURE SILENCE TO IMPURE DIALOGUE

Antologia a cura di Vittoria Bradshaw dedicata alla poesia italiana del dopoguerra, edita da Las Americas Publishing Co., New York, nel 1971,  il cui primo capitolo Hermetism’s last gleam: Lorenzo Calogero è dedicato per intero al poeta.

 

 

LORENZO CALOGERO: IL PROFETA DEL SESTO CONTINENTE

di Angelica Chiara Gallo

Agosto. Riviera. Il mare precipita sulla riva, investe ogni cosa. Ragazzi corrono sulla spiaggia. Il mistrale soffia dall’isola. Nel tardo pomeriggio, i colori si fanno più intensi, come le illustrazioni della “Domenica del Corriere” di tanti anni fa. Su una terrazza affacciata sul mare, circondata di alti palmeti, signori di bianco vestiti stanno disputando un torneo di un gioco di carte… Perfetto.

In questo scenario, casuale ma ideale come quello di tutte le storie destinate a diventare un grande amore, conobbi la poesia di Lorenzo Calogero. Leggevo Poesia, la rivista cui sono debitrice di altri autori poi entrati nelle mie preferenze assolute, e questo vibrante articolo di Caterina Verbaro mi aveva dapprima interessato, poi avvinto. In seguito scoprii che aveva scritto molto altro, e con quale amore, sul nostro autore. Quel pomeriggio passò senza che me ne accorgessi, mentre sfuggivano lucide impressioni della sera sul mare. Oggi posso dire che la ragione per quel rapimento era che improvvisamente avevo capito che i versi di Calogero appartenevano semplicemente alle palme…

Credo che questo inizio sia stato molto significativo: qualcosa sarebbe dovuto accadere.

In quel periodo, per i miei studi e anche perché avevo molti amici stranieri, parlavo e pensavo molto in inglese, e così naturalmente, cominciai a tradurre in inglese a bassa voce, quasi tra me e me, i versi del poeta.

“So come sui rami,l’arancio si fa d’oro…”

“I know how on the branches, the orange turns to gold…”

“E sembra un sogno, ma non ho nessuno”

“And it is like a dream, but I have no one…”

“La verità sola gravita/o è concessa/quando conosce sé stessa…”

“Truth only lays/or relays/when it is true to itself…”

La fluidità di questo risultato – parlo da un punto di vista formale, si raggiunge di solito – ammesso che mai ci si arrivi – con molto lavoro e molta fatica. Ma invece in questo caso i versi erano lì, confusi tra le palme, restituiti uno dopo l’altro in un altro idioma, come se contenessero in sé tutte le lingue del mondo… Questa è un’affermazione che meriterebbe una lunga divagazione sul valore assoluto anche linguistico della poesia. Mi limiterò a citare Luzi: “Penso che un’arte, al suo culmine, sprigioni sapienza e profezia…”. E quindi possibilità di essere tradotta e intepretata. Calogero era la tregua di Babele.

In seguito, studiai per molto tempo i versi nella loro lingua originale, con tutta la ricchezza che ne rende esigente la fruizione, lessi della sua vita, il suo pensiero. E infine, ritornavo sempre alla mia idea: Calogero doveva essere tradotto, per lo meno in inglese. Penso di essere stata fortunata a conoscere i suoi versi su una spiaggia, in un pomeriggio d’estate, le pagine sfogliate dal mistrale…Liberati dalle pagine, i versi del poeta si libravano nel cielo prendendo piano piano la forma delle ali bianconere dei gabbiani, la costa trasparente all’orizzonte, a svelare l’esistenza di un Sesto Continente, non segnato nelle carte: quello della poesia.

C’è anche un’altra circostanza che ha determinato l’inizio di questa avventura: lo studio, sempre suggerito da un articolo apparso su “Poesia”, dell’esperienza linguistica e poetica di Amelia Rosselli. Di Amelia Rosselli dovrei scrivere molto, anche per l’affetto quasi personale che nel tempo ho sviluppato per lei, tanto un autore che studiamo entra nei nostri corpi fino ad abitarli nel luogo del sangue e della carne dove di solito si insediano gli amici…

Personalmente, ritengo che questa sia anche la base del rapporto del traduttore col suo autore, uno scambio che prima che linguistico è sociale, prima che letterario, umano, come se fossimo soltanto due amici seduti la sera in riva al mare a leggere pensieri scritti in un quaderno nero. Tale processo di conoscenza intima, di partecipazione (non oso dire: identificazione), avvenne con Lorenzo Calogero in modo più pudico, trasversale. Egli era per me sempre un signore gentile, dall’aria lontana, e tuttavia non priva di ironia (capirete che parlo della fotografia che lo ritrae a Milano in Piazza Duomo), e la sua storia, i suoi fiori di limone, i suoi astri d’argento, un “luogo dell’altrove” (citando sempre il famoso articolo della Verbaro) cui potevo avvicinarmi solo con devozione, come a una cosa non sacra, ma certamente assai spirituale.

Credo che questa spiritualità attraversi l’opera tutta del nostro autore, laddove “la levità commosse le cose” e “una festa appariva già dentro una stella”.

Credo di poter dire che Calogero, indipendentemente dal suo vissuto personale, fosse anche un uomo profondamente religioso. In alcune sue iriche ho potuto individuare cantici a mio parere non rivolti alla madre, né alla ragazza amata, ma alla Vergine Maria. Eccone uno dei più dolci e solenni:

“…Tu levigata eri nella tua veste dolcissima

nell’azzurra chiarità dello spazio

o in una veste amata,

poiché di tutto in te tutto ritrovo, o bianchissima!”

“…So smooth you were,in your sweetest attire

in the celestial clarity of space

or a dear gown,

since of all things all things I find in you, all white”

Ho poi individuato, attraverso l’approccio lessicale, altre potenzialità, apparentemente o temporaneamente nascoste, nell’opera del nostro. La presenza ad esempio di un universo puro, ribelle, giovanile, quasi “punk”, laddove “angeli vaganti” attraversano “spazi stellari”, incontrano “rose blu”, suonano o sognano “la musica che adombra…e non fu vana…”. Calogero è, inaspettatamente, il più giovane di tutti i poeti e per questo dev’essere tradotto nella lingua dei cantautori, per ricongiungersi alla tradizione rock cui già appartiene…

da Come in dittici

La musica che adombra

La musica che adombra leggera sui piani

una burrasca e domanda, curva

concava, trattenendo una pausa

o una fiaba, s’arrotonda diafana

a le labbra, persino alla tempia

in un filo tenue d’erba d’oro e di paglia,

flauta entro un vetro la sua voce nuova,

scoprendo che non fu vana.

Music who shades

Music who shades – gently – the plan

from the hurricane and demands,

concave convex, holding his breath

or a tale, transparent rises

on lips, even on temples sometimes,

in a gold blade of grass or of straw,

or blows in a flute his new voice,

knowing it was never in vain.

 

da Quaderni di Villa Nuccia

XXI

…Nastri lisci erano di uccelli

e un’orchidea nera fra i baci

vespertini, ora, s’aggrotta.

Tu eri nera tumida ai capelli

e così, per questa vasta oasi,

fuggitiva sopra l’acque

in un riverbero di rose…

XXI

…Plain ribbons like shining wings

and a black orchild to sunset

dusk, now slithly creasing.

You were dark wet at hair

so through this oasis

fudging on waters

in a reflection of roses…

Vi è poi c’è il Calogero maturo, denso e convicente come un prezioso liquore invecchiato nel suo umore per molti anni, che accarezza i volti, e le cose con invariabile pietà…

 

da Come in dittici

So di un albero

So di un albero, di un libero

mantello di foglie, di un ladro

o di un altro con un mutevole

nome dietro una tomba; e forse

domani ti ricorderai

anche tu di essere nell’aria

di un diverso versatile corso

nell’ora del medesimo giorno. Libera

andrai nel tuo mantello povero

e non ti accorgerai di essere una dolcezza

vaga pigra all’aspetto,

chiara sul labbro,

tremula nell’aria, così solitaria al dolore.

I think I know a tree

I think I know a tree, a free

blanket of leaves

of a thief or another mortal

beneath a grave;

maybe tomorrow you see

your being ash in the wind

just like me. And you will travel so far

in your human cloth

and won’t never realise to be tender inside

and generous, late at the sight,

plain in your speech,

faint in the air, lone in your grief.

Dolcezza o levità

Dolcezza o levità di cose risponde

e sono alme parti uguali divise

non più come favole, dove io

mi comporto così amaramente

agevole come il più forte, o forse

non so più come si concede

lievemente una gioia e fraternamente.

Sweetness or levity

Sweetness or levity talk

to the twin souls

no more ecstatic like tales

when I pretend to be strong,

bitterly, or maybe

i am no more willing to grant

brotherly joy.

Vi è quindi il Calogero metafisico de “L’altezza dei riquadri” dei “Cieli emersi”, quello che subitaneamente si ricongiunse al paesaggio marino e alle palme:

 

da Ma questo…

Il suono e l’altezza dei riquadri

Il suono e l’altezza dei riquadri

e questo inarcarsi al sommo, rivolte

in alto impietosite le mani.

Le madri ebbero ali di sonno

e volto di rugiade, concavi

scarlatti veli d’aria i piani.

E questo musicale non essere

quando passo, quando tocco, quando sfioro

ragionevolmente rivolto alle nuvole.

Trasvola inesperta l’anima. Cave onde

fluiscono da canne nella nebbia

che s’annoia e, persino quando

beltà nuda al suo fianco

dal suo buio s’arrende,

isole verdi appaiono appena

presaga realtà di sogno.

The toll and square hights

The toll and square hights

and this arching at climax, upwards

stretching compassionate hands.

Mothers had tired wings

and moisted cheeks, purple uneven

wind veils – facettes.

What graceful not to be

when I do walk, do touch, do skim

reasonably turning to sky.

Inexperienced the soul blows away. Empty waves

flow from the canes in the mist

when he is bored and even when

a naked beauty at his side

from the darkest surrenders

emerald islands arise

omens of dream reality.

Spazio stellato

Spazio stellato

in questo esiguo pian dei morti

gelsomini salgono rampicanti nell’aria

e s’incontrano coi miei pensieri remoti.

Un’oasi bianca oscilla

in un’amaca stanca,

un oscuro piano riverbero di giardino

dentro un vaso giallo di fiori.

Ciò che hai amato

in una piuma si screzia, nel silenzio

di vetro folto ondeggia

e risale timido nelle tue mani.

La pace ignorata

dei più deserti soli s’assola:

acqua bruciata scende

in profondi pelaghi gaia

e leggera gorgoglia

umida nella tua gola.

Star Space

Star space

in this thin valley of death.

yasmine creep to the air

meeting my forgotten thoughts.

A pale oasis swings

in a loosen hammock,

opaque reflection of woods

in a sunflowers vase.

What you have loved

scretches in feathers, in silence

of thick crystal sways

and slithly reflows to your hands.

The secret Peace

of deserted suns flares:

charred water pours

merrily into deep seas

and tenderly gurgles

through your moisted throat.

Infine c’è il Calogero più mediterraneo, più ancestrale, di un mondo eternamente classico dove “un’orchidea splende nella mano” e “scivola e lungo e glauco, era il sentiero”, composto di “sillabe arcane”, per citare ancora una volta l’omonimo studio monografico di Caterina Verbaro.

 

da Ma questo…

E racconti

E racconti, ma il viavai

va e viene. Sono corpi morti

qua a terra seduti. Si rompono

in dialetto una violetta, una lontana

statua viola perdute insieme

altrove. Ma sono rosso sangue le tempie.

Tales

Tales, but coming and go

comes and goes. They are the dead

sitting aside. Language can break

a violet, a violet statue afar

lost together elsewhere.

But head is blood red.

 

da Quaderni di Villa Nuccia

CLXVII

E sembra un sogno, ma non ho nessuno.

O anima, o madre dei poeti

e al tuo benigno regno, io poveruomo,

forse nessuno. E languisco nelle tenebre

che mi ha lasciato il tuo smaltato

smalto; io due volte, pronto,

sul punto di uccidermi e anche questo

mi assale in dubbio. I detriti potranno fare

povere cose miracolose e questo mi sale

al labbro, ove io avevo un punto povero

un punto povero di poeta…

CLXVII

and it is like a dream, but I have no one.

Soul, mother of poets

to your gentle reign, me, simple man,

maybe nobody. I fall in the dark

left by your shine

me, twice prone do death:

and this too I doubt.

Debris could do little wonders

and this I know from my lips

where I did have a poor thing

a poor poet thing.

Per quanto riguarda il contenuto, la mia è una lettura trasversale, in cui gli eventi, i volti, le stagioni, si fondono in un’unica visione, quando “rarefatto il tempo, il vuoto è un rudere di passaggio”.

Per la forma, m’interessava soprattutto tradurre l’autore, per dare ai lettori di un’altra lingua la possibilità di conoscerlo, capirlo. Se un’allitterazione non si trova più nel verso dell’originale, se lo splendore scivola e viene trattenuto più in basso, da un’altra rete, tesa da una mano altrettanto appassionata e paziente…che importa? Non si tratta di tradurre la poesia ma il suo poeta. E poi seguire la sua arte poetica con la minuzia del guardiano di un giardino zen, che taglia, innesta, ricompone. Questo è tanto più vero per un poeta come Calogero, i cui salti vertiginosi devono essere compresi e assimilati, prima che riprodotti.

Augurandomi che questo lavoro possa servire ad avvicinare altri, soprattutto le nuove generazioni, tanto assetate di autentica poesia, alla straordinaria esperienza spirituale, poetica e esistenziale di Lorenzo Calogero, propongo il mio percorso, nella speranza che questo, come tutti gli altri spontaneamente nati intorno al nostro poeta, produca opere “assidue, come gemme pure”.

Angelica Chiara Gallo

bibliografia
Francese

LORENZO CALOGERO NELLA TRADUZIONE DI JEAN-CHARLES VEGLIANTE E CIRCE
(Centre Interdisciplinaire de Recherche sur la Culture des Echanges)

Université Sorbonne Nouvelle Paris 3

Testi tratti dal blog:
uneautrepoesieitalienne.blogspot.com

Médecin (municipal) sans patients, écrivain sans éditeur, suicidaire, phobique, Lorenzo Calogero (1910-1961) aura été l’un des rares purs poètes du XXe siècle italien. Plusieurs fois interné (Villa Nuccia, Gagliano), il disait “apprendre ainsi / face à une faible lumière penché / le faible déclin du silence / de la vie”. Apprécié de C. Betocchi, L. Sinisgalli, G. Tedeschi, il a été lu attentivement par Amelia Rosselli, qui nous avait conseillé autrefois sa traduction.

 

 

Un distique se scinde à peine

Un distique se scinde à peine,

ensuite les arborescences boursouflées

ou autre chose : mais aujourd’hui ce repos

dans les bois me tient compagnie.

Le matin j’étais parti

loin du repos de tes yeux fragiles vers la cime

d’une ville rêvée et le doux rythme des pins

dans le vent devient sombre,

c’était un scrupule un lémure

ou l’espace carré.

Un distico si sfalda appena

Un distico si sfalda appena

e poi le turgide arborescenze

o qualcos’altro: ma m’intrattiene

oggi questo riposo nei boschi.

A mattina ero partito

dal riposo dei tuoi occhi tenui verso la cima

di una città fantastica e il ritmo dei pini

mite nel vento fosco diviene,

una remora un lemure era

o lo spazio quadrato.


Dai Quaderni del ’57, inedito

***

Bien, pourvu qu’au pied

Bien, pourvu qu’au pied, très souvent

sous l’eau, une lenteur dérive

du cours du fleuve, non seulement un hasard heureux

empli de la nature de tous les oiseaux

plongé dans le temps humide et, à son insu,

rapide et veiné de bleu,

mais aussi dedans une douceur,

où soit un souffle chaud

tiré vers la rive,

en un cri humide, rigide, déjà le calme plus las

et obscur émane.

Bene, purchè al piede

Bene, purché al piede, molte volte

subacqueo, una lentezza derivi

del moto del fiume, non solo una fortuna

satura della natura di tutti gli uccelli

immersa nel tempo umido e, all’insaputa,

rapida e venata d’azzurro,

ma anche dentro una dolcezza,

cui sia una ventata calda

trascinata alla riva,

in un grido umido rigido la quiete più stanca

ed oscura già esala.


OP I 75

 

***

D’une rive

D’une rive naît à la douleur

le jeu. La neige n’est pas comme

la soif, ombre comme la mort.

Il fait déjà jour, le dernier

qui te reste. De son maigre pas

le sommeil est une ombre opaque

qui te piétine.

Cendres ton sang,

suc agreste, distille

un faible son, et si tu te lèves,

aussitôt tu t’appuies sur une pluie

qui rejaillit des racines vers tes vêtements.

Je le savais. Une blonde et claire

gravité scintille, après la pluie,

immobile, humide sur l’herbe. Ou tu te caches

ou bien il y a du sang. Par moments

ou une falaise ou un paysage.

Morne une lumière est sauve

à la marge des rêves.

S’avancer sur la haie

dénudée, écho aride

dans un rayon

qui s’élève.

Da una riva

Da una riva nasce al dolore

il gioco. La neve non è come

la sete, ombra come la morte.

E’ giorno già, l’ultimo

che ti resta. Col suo piè gramo

il sonno è un’ombra opaca

che ti calpesta.

Cenere il tuo sangue,

agreste succo suono fievole

stilla, e se ti desti,

subito poggi sopra una pioggia

che dalle radici ridonda a le tue vesti.

Io lo sapevo. Una lucida e bionda

gravità scintilla, dopo la pioggia,

ferma, umida sull’erba. O ti nascondi

oppure è sangue. A momenti

è rupe o è paesaggio.

Mesta una luce si salva

al margine dei sogni.

Incedere sulla siepe

brulla, eco arida

era dentro un raggio

che si ridesta.


OP I 67

***

Sur un rayon

Sur un rayon était la pluie.

Je ne sais pas d’autre douleur

et, puisque le vent vide

froid ne peut plus reconnaître soi-même

à travers mon corps sombre mince

de verre pur, maintenant je parle.

Je n’ai rien contre les instants,

les derniers reflets qui perturbent

le calme de ton sourire

dans le sommeil sur le mur,

ultime errant visage tourné

vers la fin accomplie de soi-même. En deux distiques

élégants le crépuscule t’entraîna dehors

sur la douceur qui était aux sommets.

S’écroulent là-haut les couleurs. À l’écart

je ne sais quoi d’autre était près de toi,

pris clairement de ton côté

sur la légèreté défaite des ruines.

Sopra un raggio era la pioggia

Sopra un raggio era la pioggia.

Non so che altro sia il dolore

e, perché il vento vuoto

freddo non può più riconoscere se stesso

dietro il corpo cupo fine

di puro vetro, ora sto a dire.

Non mi dispiace degli attimi,

degli ultimi riflessi che inquinano

la quiete del tuo sorriso

nel sonno sulla parete,

ultimo vagante volto alla sommità

rivolto della fine di se stesso. In due distici

eleganti trasse te fuori il vespero

su la dolcezza che fu nelle sue cime.

Franano in alto i colori. In disparte

non so che altro era presso di te,

preso evidentemente dalla tua parte

su la lievità smossa delle rovine.


OP I 109

***

Traduzioni dalla Rivista on-line “Quaderni di Villanuccia”:

www.lorenzocalogero.it/rivista

Avare dans ta pensée

Si, de diverses parts, les signes sous-entendus

deviennent ce que tu songes et ne sais

plus quelle douce courbe est rosée une ligne

tendue, quelle vierge est pure et ferme à l’instant une étoile

et, sans parcours, plus haut qu’une pensée

tu te penches au même instant

qui brusquement se renouvelle

et te donna les nudités du songe,

l’âme toujours égale était sans mystère

ou l’âme à la racine tu peux la perdre

ou la nudité simple était un solo.

mais parce que de parts égales loin elle divisa

fermes tes pensées ne te secourent plus

sur tes fleurs dans la même aridité qui à l’instant scintille elle fuse

et tu t’aperçois que tu es plus seul.

Avare dans ta pensée,

la même substance aride t’englue

seulement pour ton plaisir.
Eloignées ceintes de choses

paraissent déjà toutes les roses.

Avaro nel tuo pensiero

Se, da diverse parti, sottintesi i segni

divengono quel che sogni e non sai

più quale curva lena sia rosea una linea

tesa, quale vergine sia pura e ferma ora una stella

e, senza percorso, più sopra un pensiero

ti sporgi nella medesima ora

che improvvisa si rinnovella

e ti dette le nudità del sogno,

l’anima sempre uguale era senza mistero

o l’anima puoi perdere alle radici

o la semplice nudità era un assolo.

Ma perché da parti uguali erme divise

non più ti soccorrono fermi i tuoi pensieri

sopra i tuoi fiori nella medesima aridità che ora scintilla essa balena

e ti accorgi di essere più solo.

Avaro nel tuo pensiero,

la stessa sostanza arida t’invischia

solo per tuo diletto.

Erme cinte di cose

appaiono già tutte le rose.


da Avaro nel tuo pensiero, inedito, 1955
traduzione JcV

***

…Ce qui fut pleuré

… Ce qui fut pleuré

tel en rosée descend.

Le passager fiévreux,

quiconque se trouve à passer s’attarde en détours,

regarde l’immensité au plus loin

et perçoit des signes prémonitoires

de l’indubitable puissance

de la sagesse divine

et, parcouru d’une pensée soudaine,

il délace ses chaussures

et parcourt pieds nus en silence

le riant sentier,

à la pensée de la mort il incline

et il sent qu’il goûte en cet instant

un petit fragment de paix éternelle.

…Ciò che fu pianto

…Ciò che fu pianto

così in rugiada cala.

Il trepido passeggero,

chiunque di lì passi si dilunga e s’attarda,

guarda l’immensità remota

e scorge segni premonitori

dell’indubbia potenza

della saggezza divina

e, percorso da un subito pensiero,

si slaccia le scarpe

e percorre scalzo in silenzio

il ridente sentiero,

al pensiero della morte inclina

e sente di gustare in quest’istante

un briciolo di eterna pace.


dai quaderni manoscritti del 1936, inedito
traduzione JcV

***

C’étaient roses d’hiver


C’étaient des roses d’hiver

pour toi mises de côté

que pour un petit ouragan

j’embellirai ce soir.

Autant que tu peux,

si les nuages sont démentiels,

je ne mettrai pas sens dessus dessous.

Un petit sous-cadre triste de fleurs c’était,

autant que moi je suis pour un silence pur

heureux de naufrager vers toi

à présent dans le noir.

Erano rose d’inverno

Erano rose d’inverno

per te messe in disparte

che per un piccolo uragano

abbellirò stasera.

Quanto puoi,

se le nuvole sono folli,

non metterò a soqquadro.

Un piccolo quadro triste era di fiori,

quanto io sono per un silenzio puro

felice che naufraga verso di te

ora nel buio


da Avaro nel tuo pensiero, inedito, 1955
traduzione JcV

***

Au-dessus des murmures carrés

Au-dessus des murmures carrés,

de vague en vague, au-dessus d’un sommet ancien

perdu, en janvier, tes rêves

sont aujourd’hui exigus.

De denses nuages apparaissent

et ce ne fut plus que rêve,

une vanité qui doucement oscille

dans tes mains mesurées.

Une saveur

elles avaient, de neige

qui tendrement, intérieurement brille.

Sopra mormorii quadrati

Sopra mormorii quadrati,

di onda in onda, sopra una vetta antica

perduta, di gennaio, i tuoi sogni

sono oggi esigui.

Nubi dense appaiono

e non fu più che sogno,

una vanità che lievemente oscilla

dentro le tue mani modiche.

Un sapore

esse avevano di neve

che teneramente, internamente brilla.

da Avaro nel tuo pensiero, 1955 – inedito -
traduzione CIRCE

***

Au ralenti les mêmes substances


Au ralenti les mêmes substances

tu les vois. Ce n’est manquement de soleil

la lumière qui fait défaut, le plein calme, le bois,

une goutte, une lumière, une maison,

l’apparence chérie de personnes mortes,

comme la saveur est solide, le fruit du citronnier

et dans un autre jour contigu ta frigide torpeur.

Au-dessus des os, sur les choses même

est opaque assidûment, en une fleur,

désert le battement du coeur.

A rilento le stesse sostanze

A rilento le stesse sostanze

vedi. Non è mancanza di sole

la luce che vien meno, la calma piena, il bosco,

una gocciola, una luce, una casa,

la cara sembianza di persone morte,

com’è solido il sapore, il frutto del limone

e in altro giorno attiguo il tuo gelido sopore.

Sopra le ossa, su le medesime cose

è opaco assiduo, in un fiore,

deserto il batticuore.

da Avaro nel tuo pensiero, 1955 – inedito -
traduzione CIRCE

***

XI

Des pas, blancs, et le bord de mer

contigu. Une insolite paix de vivre

parmi les galets blancs. Un souvenir

pouvait s’éteindre d’une autre vie.

Je savais les rubans rêveurs

et un silence glabre.

Mais un tourbillon secoue

et toi à rebours lentement tu voyais

XI

Bianchi i passi e la marina

attigua. Un’insolita quiete di vivere

fra i bianchi sassi. Poteva spegnersi

un ricordo di un’altra vita.

Io sapevo i nastri sognanti

e un silenzio glabro.

Ma un turbine scuote

e tu a ritroso lentamente vedevi

dai quaderni manoscritti del ’57 – inedito -
traduzione CIRCE

***

Si passible l’écho aux frontières


Si passible l’’écho aux frontières

était invisible signe et étranger

incertain depuis toujours, moi aussi je passe

dans une légèreté ombreuse, charnue,

chantante rare de lignes.

Se passibile l’eco ai confini

Se passibile l’eco ai confini

era invisibile segno e straniero,

dubitato da sempre, passo anch’io

dentro una lievità ombrosa, carnosa

canora rara di linee.

da Avaro nel tuo pensiero, 1955 – inedito -
traduzione CIRCE

***

III


C’était un grand matin penché

et hors de ton silence la loi.

Puis ils posaient des jeux, ou étaient-ce

de grandes corolles d’arbres,

parce qu’on se sentait plus pauvre.

Puis fut vrai un regard

et un méditatif à la fin pour les deux.

J’ignorais ce qui s’entrecroisait sur cette rampe

ou était-ce un et invisible, qui comme eau gémit

toujours à la tempe.

Je regardais de ton glabre côté.

III

Era una grande mattina china

e fuori del tuo silenzio la legge.

Poi ponevano giuochi o erano

grandi corolle d’albero,

perché uno si sentiva più povero.

Poi fu vero uno sguardo

ed uno meditabondo alla fine in due.

Io non sapevo ciò che si intersecava su questa ringhiera

o era uno ed invisibile che come acqua geme

sempre alla tempia.

Io guardavo sul tuo glabro lato.

dai quaderni manoscritti del ’57 – inedito -
traduzione CIRCE

***

CLIV

ce disque qui mouille à présent muet de lune

et tu calmais avec le sang la moindre ivresse,

était d’une aile

dont tu vois la légèreté tomber dans le rêve…

à partir d’ici à présent l’on danse,

à présent l’on rêve.

CLIV

questo disco che ora irrora tacito di luna

e tu calmavi col sangue qualunque ebrezza,

era di un’ala

la cui lievità vedi cadere nel sogno ….

a partire da qui ora si danza,

ora si sogna.

da Quaderni di Villa Nuccia, 1959-60
traduzione JcV

***

Je ne peux me dissuader

Je ne peux me dissuader moi aussi

si moi aussi je repense. Un passage lugubre

sur le corps, une comète c’étaient

et pour que la joie ne soit pas toujours calme

tenue avec fougue, plus poreuse

qu’un sommet d’air enflé

qui coûte trop, ça ne pouvait plus être.

Dedans une cage sur le pavé je parle

et je dénombre les heures de mon jour.

Je repeuple mon temps de ces ombres

lasses et je parle tout seul ou me corromps

dans un fragile groupe et dissimule,

parce que les veines enflées de l’air

étaient une porte visqueuse qui plus ne correspond

et, sauvée là-haut une fois encore,

était d’un autre sommet qui va plus haut

et ne varie pas.

Non posso dissuadermi anch’io

Non posso dissuadermi anch’io

se anch’io ripenso. Un passo lugubre

sul corpo, una cometa erano

e purché la gioia non sia sempre quieta

tenuta con furia, più porosa

di una vetta d’aria tumida

che costa troppo non poteva più essere.

Dentro una gabbia sul selciato parlo

e numero le ore del mio giorno.

Ripopolo il tempo mio con ombre

stanche e parlo da solo o mi corrompo

in un gruppo fragile e dissimulo,

perché le vene tumide dell’aria

erano una porta viscida che non più risponde

e, salvata in alto un’altra volta,

era da un’altra vetta che va più in alto

e che non varia.

da Avaro nel tuo pensiero, 1955 – inedito -
traduzione CIRCE

***

Je me souviens ce qui était semblable à la roue

Je me souviens ce qui était semblable à la roue

et bien que non plus riche

tant dans ses rayons était légèrement tremblée,

était déjà vraie une journée timide

vulnérable.

Etait vraie son opaque

humble origine.

Une fête

apparaissait déjà dans une étoile.

Ricordo cosa fosse simile alla ruota

Ricordo cosa fosse simile alla ruota

e sebbene non più ricca

quanto nei raggi suoi era lievemente smossa,

era già vera una giornata timida

indifesa.

Era vera l’opaca

sua umile origene.

Una festa

appariva già dentro una stella.

da Avaro nel tuo pensiero, 1955 – inedito -
traduzione CIRCE

***


Si je me tourne et regarde

Si je me tourne et regarde autour

de moi ce n’était volonté

de présage. Aussitôt me plie,

timide ligne, un baiser de toi.

Une nouveauté c’était, de rendre

à la pleine lune que je cache

silence fait branches, enchevêtrées

profond, et, de branche

en branche, les feuilles dans les mains,

une pâle joue

ou une paupière déjà éthérée

sur la pointe des doigts

qui timide se décolore.

J’apprends ainsi

devant une faible lumière penché

le faible déclin du silence

de la vie.


Se guardo e mi volgo attorno

Se guardo e mi volgo attorno

non era volontà di prendere

presagio. Subito mi piega,

linea timida, un tuo bacio.

Una novità era rendere

al plenilunio che nascondo

silenzio fatto rami, intricati

nel profondo, e, di ramo

in ramo, le foglie nelle mani,

una pallida guancia

o una palpebra già lieve

sulla punta delle dita

che timida scolori.

Imparo così

di fronte ad una fiavole luce chino

il fievole declino del silenzio

della vita.

da Come in dittici, 1956
traduzione JcV

***

Si même je me tourne et reviens

Si même je me tourne et reviens

en arrière je ne sais à quel point elle était déjà

ou était demain ou est-ce un écheveau

de corps; et même si la richesse

n’est pas la commotion du temps,

quelque chose déjà reste, je vois formés

les lieux nus des bois, les nombres

du temps, intenses les appels.

À partir d’ici ils parlent

d’une saison hors d’elle

ou de choses inertes et, de chose

en chose, est déjà vraie l’origine,

une image d’un vertige

d’une région inféconde

dans l’habituelle mort

qui la torture.

Je savais à quel point étaient assidus sur les prés

les appels ; à ces racines ils racontent

les silences, ondulantes les routes,

dans les mers, et, de toute manière,

en un point était une marge

d’une berge creusée dans les eaux,

un refuge si solitaire qu’il naquit

un jour dans le repos de son corps fragile.

Distillent des gouttes ferventes les nues

restées à l’écart ou arides

brillent sur des balustrades d’air,

où une vie tente une forme

qui en elle-même variée se verse.

Une fixe fumée neigeuse

parfois s’insinue, un léger

disque laissé derrière soi,

muet ménisque du creux des mains,

sous terre. Non plus la brume

grise ne bat assidue à la tempe

qui ne fait plus mal. Sur la terre,

entrant depuis une impalpable

masse, c’est l’habituelle main

qui la renverse.


Se pure mi volgo e ritorno

Se pure mi volgo e ritorno

indietro non so quant’ ella già era

o era domani o è un viluppo

di corpi; e purché la ricchezza

non è la commozione del tempo,

qualcosa già resta, vedo formati

i luoghi nudi dei boschi, i numeri

del tempo, intensi i richiami.

A partire da qui parlano

di una stagione fuori di essa

o di cose inerti e, di cosa

in cosa, è già vera l’origine,

un’immagine di una vertigine

di una stagione infeconda

della medesima morte

che la tormenta.


Sapevo quanto assidui erano sui prati

i richiami; a le radici essi narrano

i silenzi, ondulanti le vie,

dentro i mari, e, comunque,

in un punto era un margine

di un argine scavato dentro acque,

un rifugio così solitario che nacque

un di’ nel riposo del corpo suo fragile.


Stillano gocciole fervide nuvole

rimaste in disparte o aride

brillano su balaustrate d’aria,

dove una vita tenta una forma

che in se stessa varia si versa.

Un fermo fumo niveo

a volte subentra, un fievole

disco lasciato alle spalle,

tacito menisco dal cavo delle mani,

sotterra. Non più la nebbia

grigia batte assidua alla tempia

che non più duole. Sulla terra,

entrata da impalpabile

mole, è la medesima mano

che la rovescia.

da Come in dittici, 1956
traduzione JcV

***

IX

Peut-être de turgides rameaux

et non de ceux-là la brune

haie était-elle amaigrie et en sèches bandes passaient

les enfants avant que leur poids

rendu léger n’éclaircisse le rayon de la lune;


Mais oui, le creux hémistiche, et puis les paroles

venaient comme des anges,

dans le val, en cohortes.


Et il ne passe plus d’eux une parole brune.

IX

Forse da turgidi rami

e non da quelli la bruma

siepe era sparuta e passavano a schiere

arse i monelli prima che il loro peso

reso leggero rischiari il raggio della luna.

Ma sì, il cavo emistichio, poi le parole

venivano come angeli,

nella valle, schierati.

E non passa più una loro parola bruna.

da Quaderni di Villa Nuccia, 1959-60
traduzione JcV

***

L’image (est languissante)

L’image (est languissante)

renversée repose. Laissée derrière

telle un demi-sommeil elle se remémore

au-dessus des eaux et la surface contigüe

est monotone et résonne.


Des cimes vers des cibles nouvelles

une ville resplendit et recueille

apaisée, non plus toi seule. Une autre rive,

écho endormi, était comme neige.


Le souffle était près d’une joie.

C’était une joie après l’autre, d’un lieu à l’autre venue.

Se détache devant tes yeux,

lointaine, une lune non nouvelle.


Non plus heureuse (un philtre d’amour

de rayons se déverse) était-elle comme dans un chas

dans un de tes jours de fêtes, un jour à toi, c’était

venu comme une chance.

L’immagine (è languida)

L’immagine (è languida)

resupina riposa. Lasciata indietro

quale dormiveglia è memore

sulle acque e l’attigua superficie

è monotona e risuona.

Da monti a mete nuove

una città risplende e raccoglie

quieta non te piú sola. Un’altra sponda,

eco dormente, era come neve.

L’alito era accanto a una gioia.

Una gioia era dopo l’altra, da un luogo all’altro giunta.

Si staglia ai tuoi occhi,

remota, una luna non nuova.

Non piú lieta (un filtro amoroso

di raggi si versa) era quanto dentro una cruna

in un tuo dí di festa, un tuo giorno, era

giunto come la fortuna.

da Sogno più non ricordo -
traduzione CIRCE

***

Si je me tourne et regarde

Si je me tourne et regarde autour

de moi ce n’était volonté

de présage. Aussitôt me plie,

timide ligne, un baiser de toi.

Une nouveauté c’était, de rendre

à la pleine lune que je cache

silence fait branches, enchevêtrées

profond, et, de branche

en branche, les feuilles dans les mains,

une pâle joue

ou une paupière déjà éthérée

sur la pointe des doigts

qui timide se décolore.

J’apprends ainsi

devant une faible lumière penché

le faible déclin du silence

de la vie.

Se guardo e mi volgo attorno

Se guardo e mi volgo attorno

non era volontà di prendere

presagio. Subito mi piega,

linea timida, un tuo bacio.

Una novità era rendere

al plenilunio che nascondo

silenzio fatto rami, intricati

nel profondo, e, di ramo

in ramo, le foglie nelle mani,

una pallida guancia

o una palpebra già lieve

sulla punta delle dita

che timida scolori.

Imparo così

di fronte ad una fievole luce chino

il fievole declino del silenzio

della vita.

da Come in Dittici, 1954 – 56
traduzione J.C.V.

***

Glaciales apparences

Glaciales apparences, je connais la vie âcre

des signes. L’espace n’est pas fini.

Je me corromps. Je ne sais pas l’aurore tel le voleur

du temps rapide sans issue. Est murmure

son sommeil à une réponse au plus haut

d’une tombe cachée qui te transporte,

et, de transport en transport, c’est le son

de l’être heureux, joie non limpide

calme dans son fond. Et si dans son voile

un corps sans poids est vu un pas derrière,

triste je te réclame. Les ciels

sont abîmés, apparus parmi un rayon.

Dans l’île qui les contient

est une hirondelle heureuse.

Gelide parvenze

Gelide parvenze, la vita acre dei segni

conosco. Non è finito lo spazio.

Io mi corrompo. Non so l’aurora quale il ladro

del tempo rapido senza scampo. È murmure

il suo sonno a una risposta a sommo

di una tomba nascosta che ti trasporta,

e, di trasporto in trasporto, è il suono

dell’essere felice, gioia non tersa

calma nel suo fondo. E se nel suo velo

un corpo dietro un passo senza peso

vede, triste io ti domando. I cieli

sono sciupati, emersi dentro un raggio.

Nell’isola che li contiene

è una rondine felice.

da Come in Dittici, 1954 – 56
traduzione CIRCE

***

Robes, chapeaux flottant au vent

Robes, chapeaux flottant au vent

et gants elles portent, et le souffle

d’une chanson qui bat sur le front

et l’éclat adouci des yeux

retient ; et si les vents

sont sans frontières, voici,

sur les tuiles rouges, se montrent

légères les muses ; et cimes

et ville rêvée demeurent avec joie,

à présent que verse l’huile

d’une vaine lampe une vaine jeune fille;

et les pays perdus du temps

en une lumière qui les estompe gémissent

en une vaine poursuite.


Abiti, svolazzanti cappelli

Abiti, svolazzanti cappelli

e guanti portano e l’alito

di una canzone che batte in fronte

e il mesto bagliore degli occhi

trattiene; e se i venti

sono senza confine, ecco,

sulle tegole rosse, appaiono

leggere le muse; e cime

e città fantastica stanno con gioia,

ora che olio versa

da una vana lucerna una vana fanciulla

e paesi persi del tempo

in una luce che li smorza gemono

in una vana rincorsa.

da Ma Questo…
traduzione CIRCE

***

Si pour peu j’entends


Si pour peu j’entends et enlève à la voix

ne me reste qu’une image

pour finir. Ce fut jaillissement

tranquille ta vie comme une eau,

aussi proche sa mince explication.

Le taciturne lent déroulement des saisons

te va bien. J’ignore en quel artefact

raréfié mouvement des monts ou à peu près semblable

humble était fait aux origines. Pouvaient pourtant

se développer en silence, une migration

glaciale, un pur espace

en pures pauses d’ombres.

Egale enfle et résonne la brise

et répond. Le matin sur la colline inclémente

était la cause des songes.

Se per poco odo

Se per poco odo e tolgo a la voce

non mi resta che un’immagine

per finire. Fu scaturigine

quieta la tua vita come acqua,

cosí partecipe esigua la spiegazione.

Il taciturno lento svolgersi delle stagioni

ti si addice. Non so in quale artefatto

rarefatto moto dei monti o pressoché simile

umile era fatto alle origini. Pure potevano

svilupparsi il silenzio, una migrazione

gelida, un puro spazio

in pure pause di ombre.

Uguale lievita e riecheggia la brezza

e risponde. Il mattino sul colle inclemente

era la causa dei sogni.


da Ma Questo…
traduzione J.C.V.

***


27 juin 1936

J’ai fait un mauvais rêve cette nuit.

J’avais l’impression qu’une forêt

piquetée de lacs m’envahissait.

Des enfants plaintifs, tremblants,

jouaient sur mon oreiller.

27 giugno 1936

Ho fatto un brutto sogno stanotte.

Mi pareva che una foresta

perlata di laghi m’invadesse.

Tremuli queruli fanciulli

giocavano sul mio guanciale.


Lorenzo Calogero, dai quaderni del 1936 – inedito -
traduzione CIRCE

***

Je vois des anges vagabonds

Je vois des anges vagabonds et une clarté lunaire.

S’immerge une marée et deviennent grappes

les sons sur les couleurs. Resplendissante

court l’haleine dans le vol assidu. Ferme,

restée en arrière, lente était l’origine

de la lumière tacite et, si je retiens,

en un doigt, ton mouvement rendu vivant

et visuel à l’intérieur d’un cercle d’immobile

splendeur, je retiens aussi mon souffle

sur la vaine surface, restaurée, qui  me reste.

Informes les morts entendent. Nuages

sont çà et là étendus; ils ont envahi

de l’arc du tremblant horizon à l’écart

son impétueux immense rond.

Vedo angeli vaganti

Vedo angeli vaganti e una chiarità lunare.

S’immerge una marea e sono grappoli

i suoni sui colori. Splendente

corre l’alito nel volo assiduo. Ferma,

rimasta indietro, lenta era l’origine

della luce tacita e, se trattengo,

in un dito, il tuo moto reso vivo

e visivo dentro un cerchio di immobile

splendore, trattengo anche il mio respiro

sulla vana superficie, resa desta, che mi resta.

Informi i morti odono. Nuvole

sono qua e là distese: hanno invaso

dell’arco del discosto tremulo orizzonte

il suo impetuoso immenso giro.

Lorenzo Calogero, da Sogno più non ricordo, 1956 – 58
traduzione CIRCE

***

Tout était calme solaire

Je me souviens des temps passés, antiques.

Tout était accueilli dans le calme

taciturne lent déroulement des saisons,

dans le régulier solaire cycle du jour.

Tout se mouvait lent et tranquille

presque sans raison.

J’écoutais la voix première des bergers

aux confins des temps solitaires,

tant que ne me la reprenait pas

la voix impétueuse du vent.

Je marchais par de riants réveillés sentiers.

Là s’arrêtait la première

de mes juvéniles espérances.

Dans ce soleil clos

se mouvaient mes premiers pas.

Le cri des passions

n’était pas encore solitaire entré

dans le creux des veines me secouer.

Tout était calme solaire

comme un jour ouvert.

Tutto era calmo solare

Io mi ricordo dei tempi passati, antichi.
 
Tutto era accolto nel calmo
 
taciturno lento svolgersi delle stagioni,
 
nel regolare solare ciclo del giorno.
 
Tutto si muoveva lento quieto,
 
quasi senza un perché.
 
Ascoltavo la prima voce dei pastori
 
al limite dei tempi solitari,
 
finché non me la ritoglieva
 
la voce impetuosa del vento.
 
Camminavo per ridesti ridenti sentieri.
 
Là si fermava la prima
 
mia giovanile speranza.
 
Dentro quel chiuso sole
 
si muovevano i miei primi passi.
 
L’urlo delle passioni
 
non era ancora solitario entrato
 
nel cavo delle vene a scuotermi
 
Tutto era calmo solare
 
come un giorno aperto.
bibliografia
Tedesco

LORENZO CALOGERO NELLA TRADUZIONE DI STEFANIE GOLISCH

La traduzione, preceduta da un saggio introduttivo sulla figura e l’opera del poeta, è apparsa nella rivista Kalliope, Zeitschrift für Kunst und Literatur, Heft IV/2008.

 

 

Im Zeichen extremer Spannungen vollzieht sich das Leben des italienischen Dichters und Arztes Lorenzo Calogero ( 1910-1961). Als es ihm im März 1961 in einem dritten Versuch gelingt, seinem Leben ein Ende zu setzen, haben sich seine Kräfte längst erschöpft. Zu groß sind die körperlichen und seelischen Belastungen geworden, um ihnen länger stand zu halten. Calogero hat sich in seinem Lebenskampf, der um zwei große Themen, die Liebe und die Poesie, kreist, verausgabt und hat am Ende verloren.

Lorenzo Calogero – Poesie (Gedichte)

Eisige Erscheinungen

Eisige Erscheinungen, das herbe Leben der Zeichen
kenne ich. Nicht endlich ist der Raum.
Ich lasse mich täuschen. Ich weiß die Morgenröte nicht,
den Zeitdieb, rasch, ausweglos. Ein Murmeln
ist sein Schlaf auf eine Antwort auf der Höhe eines
verborgenen Grabes, deinem Wegweiser
und, von Wegweiser zu Wegweiser, ist es das Geräusch
glücklicher Wesen, unreiner Freude
ruhig an ihrem Grund. Und wenn sie in ihrem Schleier
einen Leib hinter sich sieht, einen schwerelosen Schritt,
frage ich dich traurig. Die verbrauchten Himmel
tauchen auf in einem Strahl.
In der sie bergenden Insel
ist eine glückliche Schwalbe.

Gelide parvenze

Gelide parvenze, la vita acre dei segni
conosco. Non è finito lo spazio.
Io mi corrompo. Non so l’aurora quale il ladro
del tempo rapido senza scampo. È murmure
il suo sonno a una risposta a sommo
di una tomba nascosta che ti trasporta,
e, di trasporto in trasporto, è il suono
dell’essere felice, gioia non tersa
calma nel suo fondo. E se nel suo velo
un corpo dietro un passo senza peso
vede, triste io ti domando. I cieli
sono sciupati, emersi dentro un raggio.
Nell’isola che li contiene
è una rondine felice.

***

Engel des Morgens

Engel des Morgens,
weck’ mich wieder für die neue
schimmernde Frühe, die den Himmel
rötet oder zerreißt.

Ich bin ein seltsamer Bettler
um Liebe und Worte,
ein einsamer Wanderer
gegen das Licht- und Sonnenland.

Trag’ mir dein Glänzen zu,
wandernder Engel,
in deinem unendlichen Glänzen
deinen wissenden Gebärden,

und lass mich wachsen im Wunderbaren,
das du in den schwarzen Augen
ewiger Rätsel sammelst
und unter Wimpernbögen verbirgst.

Lass mich wissen, was du weißt
wie dein Mund sich spiegelt;.
wandelbar ist in meinem verbitterten Herzen
eine Musik, eine magische Gestalt unterm prasselnden Regen.

Angelo della mattina

Angelo della mattina
risvegliami ancora
per la nuova fulgente aurora
che s’arrossa sull’orizzonte o s’incrina.

Io sono uno strano mendicante
che chiede amore e parole,
sono un solitario emigrante
verso le terre della luce e del sole.

Vienimi coi tuoi fulgori,
angelo che non ristai,
coi tuoi infiniti fulgori
colle movenze che tu sai,

e crescimi delle meraviglie,
di quanto raccogli negli occhi neri,
degli infiniti misteri
che tu celi dentro l’arco dei cigli.

Fammi conoscere ciò che tu conosci
i riflessi della tua bocca chiara;
mutevolmente nel mio cuore già amara
è una musica una magica forma, in una pioggia che scrosci.

***

Liebesbriefe

Den Himmeln, Winden, Meeren
allen verfließenden Formen des Universums
schickte ich Liebesbriefe.
Sie antworteten mir
mit taufeuchter
Langsamkeit der Liebe,
und ich legte mich
auf ihren versengten Gipfelzacken
nieder wie auf einen Windwald.

Vom Ozean kam mir ein Sohn zur Welt.

Lettere d’amore

Mandai lettere d’amore
ai cieli, ai venti, ai mari,
a tutte le dilagate
forme dell’universo.
Essi mi risposero
in una rugiadosa
lentezza d’amore
per cui riposai
su le arse cime frastagliate loro
come su una selva di vento.

Mi nacque un figlio dell’oceano.

***

Das Werk

Das Werk
fällt niemals
zerbricht nicht,
ist ewig.
Froh oder traurig
begeistert und vielgestaltig,
unwandelbar vor den
Schlägen der Zeit,
bezeugt es
eine unsterbliche Zeit.

Unbewegt seine nackte Stirn,
fest unter den Sonnenstrahlen,
die es zwischen den reglosen
Daumen des Universums vergoldet.

Dann und wann stieben Funken
von ihm, die das braune Haar
der Schulkinder vergoldet
und ihren Schlaf
zu erster Begeisterung weckt.

L’opera

L’opera
non cade mai,
non si frantuma,
rimane eterna.
Gioiosa o mesta,
entusiasta e molteplice,
rimanendo immutata
ai colpi del tempo,
è testimone
di un tempo immortale.

La sua nuda fronte
rimane ferma, soda
sotto i raggi del sole che l’indora
fra i pollici fissi dell’universo.

Da essa a volte cadono scintille
che indorano la bruna chioma
dei fanciulli che vanno a scuola
svegliandoli dal letargo
nel primo entusiasmo.

***

Kleider, flatternde Hüte

Kleider, flatternde Hüte
und Handschuhe tragen sie und den Hauch
eines Liedes, der an die Stirn schlägt,
und das traurige Schimmern der Augen
zurückhält; und sind die Winde
grenzenlos, dann erscheinen
auf roten Dachpfannen leichtfüßig
die Musen; und Freude erfüllt die Gipfel
und die phantastische Stadt
nun, wo Öl aus einer vergeblichen Lampe tropft,
einem vergeblichen Mädchen
und zeitverlorene Orte
in einem sie dämpfenden Lichte stöhnen,
in einem vergeblichen Anlauf.

Abiti, svolazzanti cappelli

Abiti, svolazzanti cappelli
e guanti portano e l’alito
di una canzone che batte in fronte
e il mesto bagliore degli occhi
trattiene; e se i venti
sono senza confine, ecco,
sulle tegole rosse, appaiono
leggere le muse; e cime
e città fantastica stanno con gioia,
ora che olio versa
da una vana lucerna una vana fanciulla
e paesi persi del tempo
in una luce che li smorza gemono
in una vana rincorsa.

***

Schau zur Seite

Schau zur Seite. Der gelbe Sockel
klingt nicht mehr. Erbitterter
das nicht mehr junge Geräusch.
Nutzlos ist überm Gras nun die Erinnerung,
bemalter Grabstein aus Kristall.

Nicht langsamer fließt von hier
volltönend der Ursprung,
mit lauter Stimme oder der Gipfel,
und es entblättern sich die Hyazinthen,

Du kommst! Die rasche Stunde,
sternförmiger Duft, diese kleinen
Ideen wie ein Talisman
in Inseln und alle Notwendigkeiten
fallen.
Eine Flöte fault
am schwachen Jahresende
das Lachen der Brust im unersättlichen Flügel
zum jähen trocknen Gestank der Zeit
der flachen Luft.

Gestern wie heute waren sie müde und
Keuchten, und im verstreuten Gesicht,
trocken und verwirrt, das leichte
stille Ende eines anderen Tages.

Guarda a lato

Guarda a lato. Non più risuona
il plinto giallo. S’inacerba
il rumore non più giovane.
Non giova più sull’erba la memore
dipinta lapide di cristallo.

A partire da qui non più lenta
sonora scorre l’origine
ad alta voce o la cima
e si sfogliano i giacinti.

Tu giungi! L’ora veloce,
l’odore a stella, queste piccole
idee come un talismano
nelle isole e lo stretto necessario
cadono.
Marcisce un flauto
alla fine debole di un anno,
il riso del seno nell’ala vorace
al brusco secco tonfo del tempo
dell’aria abbassata.

Ieri come oggi sonnolente
anella erano e, nel viso sparso
secco confuso, la fine aerea
ferma di un’altra giornata.

***

Du hörtest die Weiße

Du hörtest die Weiße, nun siehst du sie. Nicht mehr!
Rätselhaft fielen sie beide
als zeigten die Sonnen
ihre braunen Gesichter. Und männlich,
wie am Grund klares Wasser,
entreißt sie sich dir in den Tiefen ihrer selbst,
vor dir verberge ich mich. Vergeblich streifte
ein Kleid dein ungewisses Leben, eine teure Freude
in der Dichte,
nackte Stimme ein Fels.

Grüne Iris verkauft
eine Wolke dem Frühling im Nu
und flieht
im nahenden Sturm.

Die Härten, die der Bach verschloss,
waren ein teurer Chor der ewig
geöffneten Zeichen, ein zarter keuscher Gesang
der Pappeln leewärts des Finken.

Se bianco udivi

Se bianco udivi ora vedi. Non più!
Misteriosamente due a due
caddero come si volsero bruni volti
i soli. E virilmente
come giù e giù acqua limpida
nel fondo da se stessa si strappa
da te io mi nascondo. Lambiva
la tua vita incerta una veste
inutilmente, una cara gioia nel folto
nuda voce uno scoglio.

Verdi iridi vende in un soffio
una nube a primavera
su una tempesta subitamente
rapida partendo.

***

Zwischen dir und mir

Zwischen dir und mir bleibt heut’ Abend
ein Zwiegespräch wie dieser
braune Engel, seitlich im Halbschlaf
ruhend. Ich frage dich nicht
dies oder jenes und nicht, wie
aus der Mutter Tränen nächtens
dein Weinen erwacht.

Wenn du dich quälst,
ist Efeu nicht Frühe oder färbt sich.
Ein Veilchen, verschleiert oder schmerzend
und es wiegt sich die duftende Wolke
am glänzenden Horizont aus Reif.
Das bleibt von vergeblicher Hoffnung
oder flieht rasch
oder ereignet sich in aller Stille.
Die fleischigen Segel, die Nebelvliese
gestirnte Ursprünge, Angreifer der Luft,
geschwollene Venen der Wege, die Stunden.

Kein Echo hallt
zwei Mal in den Felsen, auf dieser
Wiese, wo Rot ist und von Rot zu Rot,
vergeblicher der blasse Samt
bald rosa, bald aufgewühlt.

Man spricht weder traurig noch heiter;
früh ist es oder spät, denn nah und freundlich
erwacht im Reißen des zarten Halms
neben mir traurig dein Abend, zärtlich
frage ich dich.

Rimane fra me e te

Rimane fra me e te questa sera
un dialogo come questo angelo
a volte bruno in dormiveglia
sul fianco. Non ti domando
né questo o quello, né come
da materne lacrime si risveglia
di notte il tuo pianto.

Se i tormenti sono tristi,
l’edera non è mattina o si colora.
Si vela o duole una viola
e dondola nube odorosa
su l’orizzonte lucida di brina.
Ecco quanto di tanta vana speranza resta
o fugge rapida o semplicemente,
silentemente accade.
I carnosi veli, i velli di bruma,
le origini stellate assalgono l’aria,
le tumide vene delle vie le ore.

Non l’eco rimbalza
due volte sulle rocce, su questo
prato, ove sono rosse, e, di rosso
in rosso, è vano il pallido velluto
ora rosa ora smosso.

Non si parla né triste né lieto;
e presto o tardi, perché a fior di labbro
gentilmente nel filo tenue dell’erba
tristemente lacerando si risveglia
la tua sera accanto, dolcemente
io ti domando.

***

Senkrecht in der Leere

Senkrecht in der Leere
Spuren waren es, Grenzen, und auf dieser Seite
der Wind, auf Wiesen wo man nichts hört,
dessen ich mich nicht entsinne;
und weißt du, wie lästig ein Zweig war,
und er leitet mich und scheidet mich von
der Luft, die ich nicht liebe. Eine verhüllte
Gegenwart des Seins erkenne ich nicht mehr,
die Gewohnheit des Wachsens und nicht genug:
wenn ich stehen bleibe, war schon ein Atemhauch
zu viel und der Rest. Gewunden und wach
zerrüttet mich das vergebliche Atmen der Bäume
in ihrer mannigfaltigen Süße.
Eine Glätte die im Raum erscheint,
erleidet die Leere, die Unordnung, das Sinken
des sterbenden Alters. Ein Atem aufersteht aus Tau.

Die selbstverständlichen Rufe, ein Atemholen
eine Einsamkeit hören sie schon.

In einem Nebel wie diesem, soviel weiß ich
nun, ist deine Gegenwart
aus der Gnade gefallen
wie das Leiden aus dem Wachen
seines Flugs.

Perpendicolarmente a vuoto

Perpendicolarmente a vuoto
tracce erano, limiti, e da questa parte
il vento, in prati ove non si odono
cose di cui non mi ricordo;
e sai quanto noioso un ramo
era e mi guida e dall’aria
mi divide che non amo. Più non riconosco
una larvata presenza di essere,
un’usanza di crescere e non basta:
se mi soffermo un poco un soffio
era già troppo e il resto. Sinuoso
e sveglio un vano respiro d’albero
corrompe me pure in una dolcezza varia.
Una levigatezza che apparve nello spazio
soffre il vuoto, il disordine, il discendere
dell’età morente. Un alito ricrebbe nella guazza.

I sottintesi richiami un respiro d’aria,
una solitudine già odono.

Nella nebbia, per quanto so
ora, come in questa, è partita
la tua presenza dalla grazia
come la sofferenza dalla veglia
del suo volo.

 

testo tratto da

http://rebstein.wordpress.com/2009/09/16/gedichte-ii-lorenzo-calogero-nella-traduzione-di-stefanie-golisch/

***

Winterrosen waren es
 
 
Winterrosen waren es,
aufgehoben für dich,
einen kleinen Orkan
schmücke ich heute Abend aus.
 
Was immer du auch tust,
wenn die Wolken rasen,
werde ich keine Unordnung stiften.
 
Ein kleines trauriges Blumenbild,
doch ich bin für die reine Stille,
die glücklich dir zu scheitert
jetzt, wenn es finster wird.
Erano rose d’inverno
 
 
Erano rose d’inverno
per te messe in disparte
che per un piccolo uragano
abbellirò stasera.
 
Quanto puoi
se le nuvole sono folli,
non metterò a soqquadro.
 
Un piccolo quadro triste era di fiori,
quanto io sono per un silenzio puro
felice che naufraga verso di te
ora nel buio.

da un’inedito di “Avaro nel tuo pensiero”, traduzione di Stefanie Golische.

Einleitung zu Worte der Zeit (Siena, Maia,1956)
 
(traduzione della premessa che Calogero scrisse per la pubblicazione di Parole del tempo, disponibile in italiano in questo sito nella sezione dedicata alla prosa, ndr)

Die Publikation dieser Verse, die vor vielen Jahren geschrieben wurden, legt Zeugnis ab von dem, was andere und bedeutendere Dichter bereits über die Lyrik gesagt haben, dass nämlich alles, was mittels des Wortes ausgedrückt werden kann, lediglich einen begrenzten Wert hat, wenn man es am Leben selbst misst. Absoluten Wert hat das Wort lediglich in seinem eigenen Bereich, wo seine Außerordentlichkeit  wiederum nur in begrenztem Umfang begriffen werden darf, da wir mit Sicherheit annehmen können (ich glaube nicht, dass man beim derzeitigen Stand der Definition des Lebens im Allgemeinen und des Ausdrucks im Besonderen, dagegen etwas einwenden kann), dass das Wort im absolutesten Sinne, den man sich vorstellen kann, in seinem originären Sinne, an seinem Ursprung also, bereits integrativer Bestandteil des Lebens ist; deshalb ist alles, was mittels des Wortes ausdrückt werden kann und nicht dem Originären und dem Ursprung des Ausdrucks geschuldet ist, nur ein begrenzter Wert und  nicht zuletzt auch  dem Leben selbst gegenüber.Und sollte jene Vorstellung von Dichtung, welche die Zeugnisse anderer und bedeutenderer Dichter zum Ausgangspunkt nimmt, nicht ausreichen, um die Publikation der Jugendgedichte eines nicht mehr jungen Autors zu rechtfertigen, so lasse ich mir eine Überlegung zu Hilfe kommen, die, lebendig und reich an  Bedeutungen, den Wert des „Zeugnisses“  an sich zum Gegenstand hat. Ginge es um Erkenntnis allein, verlöre die Sache, beziehungsweise deren Begründung, unverzüglich an Wert, wenn sie das Bewusstsein streiften, wo die Begründung und die Sache selbst  keine andere Begründung enthalten und keine andere Sache, die kontinuierlich ins Unendliche verweist. Es bliebe dann keine noch so vage Spur eines unendlichen Verweises, es sei denn der philologische Wunsch, sich in die verborgenen Bedeutungen eines einfachen Wortes zu versenken. Doch wenn auch dies nur Material rein doktrinärer Philosophie wäre, so könnte eine weitere Begründung – wie bereits ausgeführt – darin bestehen, die Dichtung  in ihrer Funktion für das Wort beziehungsweise das Ausdrucksmittel zu betrachten. Der oben angedeutete Wert des Zeugnisses wäre dann ein Vorwand für eine weiterführende Betrachtung oder nur eine Art Fügung.Doch zu den Aufgaben einer Einleitung zurückkehrend, in deren Rahmen, so glaube ich, die einfachsten Elemente einer Doktrin unmittelbar einsichtig sind, werde ich mich auf das Allernotwendigste beschränken und deshalb damit beginnen, die Tatsache zu unterstreichen, dass die Gedichte der vorliegenden Sammlung eine Welt zu verwirklichen versucht, die zumindest aus meiner Zeit entschwunden ist, genauer gesagt, die literarische Welt meiner Jugend. An sie zu erinnern schmälert keineswegs die neuen Werte,  mögen sie auch ganz und gar  persönlicher Natur sein, im Gegenteil  wird ihnen dadurch die Lebendigkeit von etwas verliehen, das nicht mehr ist und das in doktrinären Elementen zu suchen wäre, die einer langen Erörterung bedürften, die  an dieser Stelle unmöglich ist, da sie den Rahmen einer einfachen Einleitung bei Weitem sprengte.Ich  möchte jedoch sogleich klar stellen, dass ich an keinen komplexen, oder sogar kompletten Wert des Lebens zu denken vermag, der nicht von Lichte der Vergangenheit erhellt wäre. Nicht die gesamte Vergangenheit hat das Recht, im Rahmen der neuen und aktuellen Werte erinnert zu werden, doch das Beste, unsere eigene Person und die Menschheit im allgemeinen betreffend, bliebe gewiss steril und unproduktiv, setzte sie sich nicht mit den bedeutendsten oder zumindest relativ bedeutenden Werten der Vergangenheit auseinander. Man könnte meinen Ausführungen, die einigermaßen vage und sozusagen historisch angesetzt haben, möglicherweise eine gewisse Arroganz unterstellen, hätte ich nicht ausdrücklich die Dichtung an sich und als einzige Kategorie im Blick, eingedenk der Begrenzungen gleichwohl, innerhalb derer das Wort über eine Bedeutung verfügt, ja, wenn möglich, universell ist (Universalität, welche man auf gar keinen Fall und um keinen Preis jemand anderem aufzwingen würde).   Versuchte man all dies jemandem aufzudrängen, so bedeutete dies allein, dass man zu einer Konzeption von suggestiver Großartigkeit gelangen wollte, wenngleich man doch lediglich im rein Individuellen begann. So trete ich also vom Anspruch des Doktrinären, auch wenn er im Rahmen meiner Ausführungen bisweilen als Idee auftaucht, zurück und kehre zu den bescheideneren Aufgaben zurück, über die nun einiges versuchen werde zu sagen. Keinesfalls werde ich indes behaupten, dass die hier vorgestellten Gedichte die beste Tradition meiner Vergangenheit repräsentieren (diesbezüglich hege ich sogar erhebliche Zweifel). Doch wie jedermann weiß, neigt die Darstellung der Voraussetzungen stets dazu, ihren Gegenstand entweder zu überhöhen oder ihm gar auszuweichen.Auf der anderen Seite könnte ich sagen, dass es, auch ohne auf die geistige Entwicklungsfähigkeit des Ausdrucks einzugehen, ein System des Ausdrucks gibt, dass unbekannt ist, bevor es sich nicht selbst realisiert und im Grunde diejenige Art und Weise repräsentiert, auf die man zu einer gleichwohl begrenzten Wahrheit gelangt. Und einzig in Funktion dieser besonderen und einzigartigen Wahrheit, die in nichts anderem besteht als in wenigen Worten, die Teil einiger weniger Gedichte sind, ist der Sinn der Veröffentlichung  dieser Gedichte auszumachen.Mir ist bewusst, dass die meisten Gedichte es nicht wert wären, einzeln publiziert zu werden, da sie nur als umrahmende Elemente jener weniger bedeutsamer Worte der bedeutsamsten Gedichte dienen. In diesem Sinne betrachte ich die besondere Auswahl dieser Anthologie als organisches Ganzes.Ich werde nun nicht die Besonderheiten des Ausdrucks ausdrücklich hervorheben, die mir, bezüglich ihres möglichen Wahrheitsgehaltes, immer noch gültig erscheinen (sollte es sich um wirklich Großes handeln, so könnte man von einer Fatalität sprechen, vorausgesetzt es sollte eine solche geben), und ebenso wenig mich mit der Tatsache auseinandersetzen, dass die Wahrheit, die mir in ihrer Globalität und Komplexität unerkennbar erscheint, und die ich nur in höchst abgeschwächter Form als für das Bewusstsein zugänglich halte, einzig und allein in der Ordnung der Methode und des Systems zu finden ist, in der jeder mögliche Ausdruck seinen Ursprung hat.Es will mir gänzlich überflüssig erscheinen, mich in Erörterungen darüber zu ergehen, wie ich das Verhältnis von Ausdruck und Wahrheit auffasse. Diese kann eine schlichte Zahl sein(Mathematik) eine Formel (in den Wissenschaften) oder wie in diesem Falle ein Büchlein. Ich möchte indes klar stellen, dass die Gedichte der vorliegenden Sammlung im Großen und Ganzen in den Jahren 1932-1933 entstanden sind (einige 1931). Diese Einleitung wurde zunächst für den ersten Teil der Sammlung geschrieben und bezieht sich heute, mehr oder weniger, auf die gesamte Ausgabe. Dazu muss ich jedoch sagen, dass zwei Gedichte, die in den dritten Teil eingefügt wurden, 1938 geschrieben wurden, als der Dichter Luigi Fiorentino, dem ich hiermit meine Dankbarkeit ausspreche, mir dazu riet, alle drei Teile in einem einzigen Band zusammen zu fassen. Trotz der Unterschiedlichkeit des Tons gehören alle drei Teile zu einer unvergleichlichen Schaffensperiode, allein schon aus dem Grunde, weil sie innerhalb kürzester Zeiträume entstanden und vollendet worden sind.Diese Gedichte, die in dem beschriebenen Zeitraum spontan entstanden (ein Teil der Produktion jener Jahre ging verloren), wurden in den darauf folgenden Jahren mit Randbemerkungen versehen (insbesondere der erste Teil), auf Basis derer ich sie dann überarbeiten konnte. Bei der Abschrift habe ich tatsächlich viele dieser Randbemerkungen aus den Jahren 1932-1933 verwenden können.Dennoch bin ich überzeugt, dass es gerade aufgrund der Verwendung der Randbemerkungen zur Verschlechterung einiger Teile gekommen ist. Die besten Gedichte, diejenige für  welche dieser gesamte Teil eigentlich nur existiert, haben keinerlei oder nur sehr wenige nachträgliche  Korrekturen erfahren.Das Buch hätte eigentlich den Titel „Versuche der Poesie“ tragen müssen, hätte es sich auf den ersten Teil allein beschränkt hätte; denn in zeitlicher Ordnung hätte es Gedichte aufnehmen müssen, welche die ersten nach einer langen Abstinenzperiode waren, wenn nicht überhaupt die einzigen, denen ich einen gewissen literarischen Wert zusprechen konnte. Im Übrigen ist es meine Überzeugung, dass ein Gedicht stets die Funktion eines ihm Vorhergehenden ist (Teil der Wahrheit zumindest), gleichgültig welches immer auch das Genre sei, in dem es sich realisiert: Zahl, wissenschaftliche Untersuchung oder Anderes. Die Vertiefung des Ausdrucks führt, konkret gesprochen,  weit über das hinaus, was man „ Dichtung“ in seinem gewöhnlichen Sinne nennen könnte. Alles ist immer nur ein einfacher Versuch.So absurd es auch erscheinen mag, als Begründung den Begriff der Poesie und des viel weiter und allgemein gefassten des Wissens zusammen fließen zu lassen, so konnte ich doch nicht anders als jene Absurdität, die ich gleichwohl in einem gewissen Stadium der Reife geschrieben hatte, beizubehalten.Denn neben der ersten Gruppe von Gedichten ist es mir, dem Rat Fiorentinos folgend, ratsam erschienen,  weitere Gruppen hinzufügen; für eine ist mir spontan der TitelWorte der Zeit eingefallen, jener der sich nun auf dem Titel findet. Für die erste Gruppe hingegen habe ich mich auf die Nennung der Anzahl der Gedichte beschränkt, es sind 25, also 25 Gedichte. Der Titel der zweiten Gruppe begründet sich aus jenem, der bereits bei einer  früheren Publikation Titel gebend war.Und hiermit könnte ich diese Einleitung beschließen, wenn es mir nicht notwendig erschiene, klar und deutlich auf etwas hinzuweisen, das meinen gesamten Text durchzieht, die Begründung dieser quasi posthumen Veröffentlichung nämlich: Eingedenk der nicht aufzulösenden Differenz zwischen Leben und Wahrheit, wobei man die Auflösung als menschliche Annäherung zu verstehen hat, muss man stets auch bedenken, dass dieselbe Annäherung zwischen jedweder Form des Ausdrucks und der Wahrheit des Menschen und des Lebens besteht. Keine Wahrheit wird von einem nicht begründbaren a priori bestimmt, sondern ist stets Funktion der einfachsten und rigorosesten Art des Ausdrucks. Ich glaube – um ein wenig polemisch zu sein – dass jeder nach wissenschaftlichen Kriterien ausgedrückte Sachverhalt, indem er am Ausdruck beteiligt ist, auch an der Wahrheit teilhat, immer und zu jeder Zeit, mehr als man von der Mehrheit der Menschen erwartet, die unbegründeter Weise dieser oder jener Sache einen bestimmten Wert beimisst. So ist denn auch jede Form von Realismus oder Neorealismus keineswegs dazu angetan, einen bestimmten Grad von literarischer Wahrheit zu erreichen, geschweige denn jene des Lebens in seiner Gesamtheit oder auch nur in eines seiner Teilaspekte, welche im Wort leben, und  aus diesem Blickwinkel heraus können wir, da wir ihn nun begreifen, jenem Satz Gabriele d’Annunzios nur zustimmen, der zugleich der Titel eines seiner Bücher ist „ Der Vers ist alles“. Die Dichtung hat einen Wert (eine analoge Argumentation könnte man für jede andere Form der Erkenntnis führen) in schwer definierbarer Grenzen, aus Gründen von Postulaten, die veränderlich sein können und die vielleicht die einzigen sind, die sich der biologischen Natur des Menschen anpassen, Postulate, welche im Angesicht des Lebens, schon deshalb, weil sich die  Ansicht über das, was man mit der Vorstellung des Wortes als Teil des Leben meint, verändert,  kontinuierlich ausgebaut werdenMan mag nun verstehen, welche Distanz sich zwischen der literarischen Wahrheit und allen anderen Formen der Erkenntnis auftut und dass die Dichter, indem sie sich eines Mittels bedienen, das in einem kontinuierlichen Bezug zum Leben steht, zu denjenigen Menschen gehören, die am wenigstens von ihm wissen, wenngleich sie von Dingen sprechen, die sich mehr oder weniger auf das Leben, beziehungsweise auf Formen des Lebens beziehen, die kein literarisches Genre sind. Ich glaube, dass nur wenige Literaten, und wenn dann nur teilweise, dieser besonderen Ignoranz entgehen. Dies muss gesagt werden, auch wenn man sich dadurch  unversehens von den Vorgaben einer Einleitung zu einem Gedichtband entfernt und in die Nähe jener Doktrin gerückt ist, die man eigentlich vermeiden wollte.Zum Schluss möchte ich noch bemerken, dass derjenige, der das Wort exzessiv geliebt hat, dieses auch noch an den Rändern des Lebens findet, auch wenn er für lange Zeit keine einzige Zeile geschrieben hat. Es ist unschwer zu  begreifen, dass all diese, ein wenig persönlichen und ein wenig doktrinären Dinge ausschließlich – oder zumindest vorwiegend – einen Sinn für denjenigen haben, der heute seine Gedichte vorstellt und der versucht, dem Leben eine Begründung durch die Wahrheit zu verleihen und durch das, was ihr vorangeht, dem Ausdrucksvermögen, denn wenn man persönlich an einer Entwicklung des Ausdrucksvermögens interessiert ist, dann wünscht man sich auch für das Leben eine fortwährende Entwicklung.

Campiglia d’Orcia, 27. November 1955

LORENZO CALOGERO

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Lorenzo Calogero - Gedichte

Aus dem Italienischen von Stefanie Golish

 
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LORENZO CALOGERO IN “NEUROTRANSMITTER”

 

Der Mann mit der Aketentasche

Articolo apparso sulla rivista dei neurologi e psichiatri tedeschi “Neurotransmitter”.  A firma dello scrittore e germanista prof. dr. Gerhard Köpf, si basa sugli studi di Stefanie Golish, che qui contribuisce con le traduzioni e un commento.

 

 

 
bibliografia

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